domenica 11 agosto 2013

La chitarra venuta bene

Ci sono stati anni e anni nei quali la musica è stata per me qualcosa di assoluto, imprescindibile. Ricordo che durante l’adolescenza, quando stavo imparando a suonare, portavo la chitarra con me in ogni momento. Rompevo i coglioni a tutti con i miei esercizi. Un maniaco della tecnica e della precisione. E’ che avevo paura di perdere agilità, dovevo suonare. Sempre. Ho comprato naturalmente molte chitarre, di varie liuterie, fino alla mitica Ramirez, lo strumento dei sogni. Ma l’ultima chitarra che ho comprato ha avuto una storia strana. Non era uno strumento di particolare valore. Era una chitarra di un mio amico che in gioventù aveva provato a suonare ma aveva lasciato. Uno strumento spagnolo, industriale, trattato molto, molto male: osso del ponticello scheggiato (aveva montato per errore delle corde di metallo… terribile), meccaniche bloccate e inservibili, solo quattro corde rimaste, il Mi basso e i tre cantini, che però avevano, incredibilmente, un suono potentissimo. La classica chitarra venuta bene tra tante anonime - dico - a vederla non gli dai un soldo di fiducia e invece, quei cantini che sparano come fucili, un suono impressionante. Me ne innamoro, l’acquisto per niente, cinquantamila lire, il mio amico tanto non suona più da anni, la tiene buttata per terra, tutta impolverata. Ha preso un sacco di botte ma il manico è ancora dritto. L’acquisto e mi dico, la porterò da un liutaio, la renderò suonabile, voglio sentirla bene. Una settimana dopo l’acquisto viene a casa mia un amico, chitarrista di grande fama. Vede la chitarra, è su un supporto a terra, la prende in mano, gli spiego come l’ho avuta, la guarda: “legnaccio” mi fa. Non vale granché. Poi suona sui cantini, cambia espressione, “quanto la metti?” mi dice, io gli dico che no, non la vendo, l’ho comprata per portarla da un liutaio e suonarla. La rimette al suo posto e, un po’ contrariato se ne va via. Ora non ho più dubbi, debbo farla rimettere in sesto. E invece passa il tempo, la chitarra rimane appoggiata in casa mia senza che io la tocchi. Qualcosa sta cambiando. E’ che mi sono avvicinato al canto, poi al teatro, al cinema. La musica è rimasta sempre importante. Quasi la base sulla quale ho costruito tutto il resto. Ma la chitarra, lo strumento che portavo sempre con me dappertutto è rimasto lì, sono stato assorbito da altro. Ho scoperto che potevo vivere anche senza suonare. Ho cambiato casa, ho portato la Ramirez con me. Spartiti, libri, tutto in un cassetto. Per cinque anni praticamente non ho toccato chitarra Ogni tanto mi chiedevo se le mie mani sarebbero state ancora in grado di essere minimamente precise, se qualcosa era rimasto. Ho continuato però a curare le unghie della mano destra, con la precisione, la maniacalità di cui sono capaci i chitarristi, come se fossi ancora un chitarrista, dicevo. Ogni tanto, tornando nella casa dei miei genitori, guardavo in un angolo la chitarra acquistata per niente, lì, buttata in un angolo e piena di polvere. La porterò da un liutaio dicevo e suonerà ancora, ma ci credevo sempre di meno. Forse il suo destino era proprio quello, era stata costruita per prendere botte e rimanere in un angolo impolverata, con i suoi cantini che sparano come fucili.Un mese fa apro la custodia della Ramirez. E’ saltato il La. Guardo la chitarra, mi sembra come se vedessi qualcuno che sorrida e mi accorgessi della mancanza di un incisivo. Vado in un negozio di strumenti musicali, prendo una muta di corde. Cambio il La mancante, accenno a suonare. Mi stupisco, ancora le mani vanno. Certo, la precisione di un tempo non c’è, ma vanno, meglio di come pensassi. Prendo uno spartito, uno studio di Sor, roba da quinto anno, lo eseguo, viene. Alla fine le mani sono un po’ stanche, perdo precisione. Ma sento qualcosa, qualcosa che mancava da tanto tempo. Non decido niente. E’ che mi trovo sempre più spesso a suonare, le mani non si stancano più, certe cose sembra vengano meglio adesso piuttosto che cinque anni fa. Torno a casa dei miei genitori. Guardo nell’angolo. L’ultima chitarra che ho comprato è lì, ancora con le sue quattro corde, l’osso del ponticello scheggiato, le meccaniche inservibili e i tre cantini che sparano come fucili. Devo portarla dal liutaio mi dico. Poi mi fermo. Ho capito che non la porterò dal liutaio. No. L’aggiusterò io stesso. La prendo, la spolvero, la guardo. Tutto accade in un pomeriggio. Tolgo le corde, smonto le meccaniche, prendo delle pinze, spero che l’osso del ponte non sia incollato, vado per estrarlo, si spezza e una parte rimane incastrata nel ponticello. Dannazione, era incollato, non mi perdo d’animo, prendo una seghetta da traforo pian piano sego la parte centrale dell’osso incastrato, creo un solco abbastanza largo, poi prendo una limetta per le unghie e passo due ore a limar via l’osso in più. Spero di non sbagliare. Una mossa falsa e la chitarra è spacciata. Tutto va bene. Vado in negozio prendo meccaniche nuove, corde nuove e l’osso per il ponte. Inserisco il tutto, il ponte regge. La chitarra è salva. La accordo. Dopo più di quindici anni è di nuovo a posto, il manico sempre dritto, nonostante le botte. Provo a suonare. I cantini sparano a meraviglia, ma anche i bassi non scherzano. La classica chitarra venuta bene tra tante anonime. Ora sì, sono pronto

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